"Sull'ereditarietà del merito"
Oggi com’è noto festeggiamo 150 anni dell’unità d’Italia. Persino Google English si è vestito con il tricolore. C’è però in tutto questo clima di festa qualcosa che mi turba. Mi sento un po’ restio a voler festeggiare, e sto cercando di capire da cosa derivi quest’inquietudine.
Il primo pensiero che mi ronza per la testa è se abbia senso parlare di “popolo”, o di “nazione” o di “patria”. Razionalmente, non credo che esista qualche connessione profonda tra persone le quali l’unica cosa che hanno in comune è quella di risiedere su uno stesso pezzo di terra e parlare la stessa lingua. Che cos’ho in comune io con un qualsiasi altro italiano? Abbiamo lo stesso tipo di DNA? Di costituzione fisica? Di connessioni neuronali?
Forse questo tipo di connessione va cercato nella cosiddetta “cultura” di un popolo, ovvero quella serie di informazioni, chiamiamole così, che derivano dall’insegnamento scolastico e familiare, ed in generale dall’ambiente in cui si vive, che si sedimentano poco a poco nella nostra memoria e nella nostra mente e che ci plasmano come un pezzo di pongo. Però anche questo non torna del tutto. E’ possibile concretamente distinguere dei caratteri comuni a tutti gli italiani? Certo, si potrebbe fare l’esempio della cucina. Agli italiani piace la pizza, il caffè, il cappuccino e il tiramisù; ai francesi piace il formaggio, agli spagnoli la paella. Ma esisterà qualche italiano che beve solo il the (io sono tra questi) o che mangia solo profitterol. O qualche francese che mangia la pizza, e qualche spagnolo a cui piace il formaggio. Quindi ciò che chiamiamo “cultura” non sono altro che “le abitudini della maggioranza”, una specie di grandezza statistica che prende in considerazione un gran numero di persone. Ma come in una scatola di gas ad una certa temperatura, nonostante esista un’energia cinetica media delle particelle, esistono molecole che viaggiano con velocità maggiore ed altre con velocità minore, così esistono italiani che, probabilmente, si discostano di molto dall’”italiano medio”. Sono forse quegli italiani, degli “italiani peggiori”?
Ma facciamo un passo avanti. Supponiamo che esistano una serie di valori e pensieri che possono essere riconducibili alla nostra penisola. Supponiamo che esista una “cultura italiana”. La prossima domanda è: la nostra cultura è MIGLIORE delle altre? Perché se festeggiamo l’”italianità” non vuol forse dire che ne siamo fieri? E se ne siamo fieri, vuol dire che è meglio della “cultura media” del mondo. Forse siamo intrinsecamente meglio di uno spagnolo, o di un francese, o di un tedesco, ma anche di un marocchino, un tunisino o un azerbaigiano? E non è forse questo tipo di concezione mentale che infine porta alle discriminazioni razziali ed alle guerre nazionali? Non è forse che unendoci come nazione ci stiamo separando dal resto del mondo?
Infine vorrei fare un’ultima considerazione, che credo sia la più importante di tutte. Francamente, sono stanco di tutte le etichette che la gente tende a mettersi addosso. Sono stanco dei meriti e delle medaglie che ci attacchiamo solo perché facciamo parte di un certo gruppo sociale, o di un certa regione, o di un certa nazione. Io non credo che il MERITO, così come la VERGOGNA, siano trasmissibili come le malattie. Ho forse guadagnato qualche punto per essere nato in Italia? Ho forse fatto qualcosa di buono di cui vantarmi o di cui vergognarmi? Non credo.
Se non è nemmeno garantito che un figlio abbia lo stesso talento del padre, come facciamo ad affermare che l'appartenere ad uno stesso popolo, semmai esista una tale tipo di separazione tra gli uomini, comporti qualsivoglia merito acquisito? Tutta questa storia del patriottismo italiano, come un po' tutti i patriottismi, mi sembra solo una sovrastruttura mentale che ci costruiamo per poterci mettere un gradino sopra gli altri.
A volte sento in televisione stimati intellettuali (stimati non in senso sarcastico, perché alcuni li stimo davvero) dire frasi del tipo: "Ah, noi abbiamo fatto questo, noi abbiamo fatto quello, noi siamo i creativi, noi siamo gli intraprendenti, noi siamo i marinai, noi siamo i poeti, noi, noi, noi..." Ma noi chi? Io personalmente non ho fatto nulla! Non ho combattuto con i mille. Non ho dipinto la monna lisa. Non ho scritto la divina commedia. Non ho costruito pompei. Non ho composto nessun’opera. Non c'ero al tempo dei romani, come al tempo del fascismo.
Quindi di cosa dovrei vantarmi? Oppure, di cosa dovrei vergognarmi?
Per questo, ho deciso di prendere provvedimenti in proposito. Ho preso una decisione che vorrebbe essere una provocazione, in realtà. Io rinuncio all'eredità italiana. Rinuncio al vantarmi di Garibaldi, o Michelangelo, o Leonardo, o Dante o chi per essi. Rinuncio a qualsiasi merito, ma anche a qualsiasi vergogna derivante dalla parte di storia d'italia su cui non ho avuto nessun modo di influire in alcun modo. Rinnego ogni glorificazione ed ogni vituperazione.
E' tanto straordinario chiedere di voler essere giudicato per ciò che si è fatto e non per dove si è nati o che lingua si parli? Credo che il proprio merito bisognerebbe guadagnarselo con i fatti.
Ciò nonostante ho deciso di aprire questo pezzo con un l’immagine di un tricolore. Questo perché non vorrei che si pensasse che non abbia principi, o che non apprezzi l'essere nato in Italia, o che preferirei essere nato altrove. Se ho messo la bandiera italiana è perché essa rappresenta dei principi, quelli della costituzione, che, nonostante siano legati a questo pezzo di terra, vorrebbero essere più universali possibile, e dato che condivido quei principi, e non vorrei che venissero persi, allora scelgo di appoggiarmi a questo simbolo, poiché i simboli servono a veicolare ideali. Ma per me questa bandiera va OLTRE i 301 336 km^2 su cui la gravità ci costringe a pestare i piedi, OLTRE i 150 anni di storia di eroi straordinari di cui, sebbene si possa apprezzare le gesta, non posso prendermi il merito, OLTRE le barriere culturali e mentali che ci creiamo. Per me questa bandiera non rappresenta un passato glorioso, ma un presente ed un futuro migliore.
Buona festa della Repubblica a tutti!