giovedì 10 giugno 2010

Assemblea sul ddl Gelmini

Mi rendo perfettamente conto che il titolo messo così è un po' fuorviante: oggi si è effettivamente tenuta un'assemblea per discutere di ciò che implicherebbe l'entrata in vigore del disegno di legge sull'università, ma io non voglio stendere un resoconto preciso di quanto detto (troppa fatica, verosimilmente vi daremo un link per il file audio) bensì raccogliere qualche spunto e dirvi un po' come vedo la cosa. Quelle che seguono sono posizioni strettamente personali e non riflettono necessariamente il pensiero degli studenti della facoltà di Scienze, che anzi sono invitati a commentare e a ribattere.

Ma prima di iniziare, mi costringete a fare un appunto: gli studenti in sala oggi erano TRE!! Capisco che è stata una cosa organizzata un po' all'ultimo minuto, che è il 10 di giugno, che c'è da studiare un sacco e una sporta e ci sono una marea di altre cose, però vi confesso che la scarsa partecipazione studentesca per me è un po' frustrante.

Ma veniamo al nocciolo della questione: la riforma dell'università. Sulle problematiche che si aprono per i ricercatori, ne aveva già egregiamente parlato da queste parti il prof. Faccio, e al momento non c'è granché da aggiungere se non che ormai è coinvolta nella protesta la quasi totalità delle Università italiane e che i ricercatori minacciano di astenersi dallo svolgere compiti di didattica (compito che dal resto non sarebbe previsto) se la proposta di legge non dovesse essere modificata.

Una faccenda per me molto importante è la nuova composizione e i nuovi compiti del CdA dell'Università. La riforma inizialmente prevedeva che il consiglio di amministrazione fosse nominato direttamente dal Rettore e costituito per il 60% da non meglio specificati "autorevoli membri esterni". Dunque il Rettore una volta eletto provvede a nominarsi il suo CdA, portando nella governance di Ateneo la maggioranza assolta di "autorevoli membri esterni all'Università". E last but not least il nuovo CdA dovrà assumere scelte di carattere finanziario e strategico, ovvero avrà fondamentalmente potere di vita o di morte sull'attivazione dei corsi di laurea, sui dipartimenti e in ultima analisi sull'università tutta. A parte il fatto non secondario che contrariamente a quanto avviene  ora, il CdA perde il suo carattere elettivo, l'ingresso assolutamente arbitrario di imprenditori, banchieri etc. etc. non mi piace affatto. Questo è l'ultima manifestazione dell'idea (a mio avviso un po' perversa) che l'università debba funzionare come un'azienda; l'Università ha il fine ultimo di trasmettere conoscenze (e chi lo sa, magari anche "crearne"), e mi pare chiaro che il "prodotto" (la trasmissione delle conoscenze) sia ben diverso da quello di qualsiasi azienda sulla faccia della Terra. Come dovrebbe funzionare un'università "aziendalistica"? Dovrebbe limitarsi a soddisfare la domanda, qualsiasi tipo di domanda, e faccio presente che se fosse solo per la domanda (degli studenti) probabilmente non si insegnerebbe fisica (o matematica,o ...) in nessun ateneo italiano e del mondo. Inoltre l'Università è "in rosso" per definizione, perché non ci sono brevetti tanto remunerativi che possano pareggiare tutte le spese anche di una piccola università come la nostra. Tra l'altro non è automatico che un'università depositi dei brevetti: possono farlo scienziati e ingegneri, ma voglio vedere un linguista, un classicista o un filosofo a depositare un brevetto. Questo non vuol dire che le facoltà di Lingue, Lettere e Filosofia vanno cancellate, esse devono esistere anche se non danno alcun rientro in termini economici, come dal resto non danno rientri l'astrofisica, la fisica teorica, buona parte di matematica etc. etc.

Ma allora cosa spingerà un industriale nel CdA di una qualsiasi Università italiana a non eliminare una Facoltà di Lettere dalla voce spese? Alla faccia della "libera ricerca universitaria" prevista dalla costituzione e dallo stesso disegno di legge!
Probabilmente a una Facoltà scientifica come la nostra un CdA del genere potrebbe anche far bene (anche se bisogna vedere chi verrebbe nominato dal Magnifico in questo CdA...) ma ciò non rende giusta l'iniziativa.


Ultima postilla: al mondo esistono davvero Paesi che investono nella ricerca scientifica il 3% del PIL! E' davvero possibile! E non serve essere una super-potenza economica (vedi U.S.A. con il 2.61%). Il primo Paese ad investire in questo campo è Israele (su cui di tutto si può dire tranne che è un posto tranquillo) con addirittura il 4.65% del PIL (avendo già escluso il pesantissimo capitolo delle spese di ricerca in settori collegati alla difesa). Un'enormità. L'Italia è ancora saldamente ancorata poco sopra quota 1%. Però siamo sopra la Grecia! URRAH!!

Direi che ho messo già abbastanza carne al fuoco, prossimamente questo post verrà ampliato con gli altri temi che si sono trattati, magari da uno degli altri due presenti all'assemblea...

Nel frattempo buon giugno

daniele

2 commenti:

  1. Vorrei fare due serie di osservazioni.

    La prima (serie) è di carattere più strettamente economico/di mercato (tra l'altro, per sbaglio, hai scritto che i ricercatori NON si asterranno dalla didattica, in NON non ci vuole).
    Dunque, io personalmente non capisco tutto questo sconcerto nell'investire PIL in ricerca. Per due motivi. Il primo, è che investire in ricerca può essere come investire in grandi opere. Dai lavoro alla gente, e i soldi che gli operai guadagnano, ti torneranno in tasca per mezzo di tasse (se non ci fosse l'evasione, l'esportazione di capitali all'estero, ecc). Secondo, siamo un paese, che come tutti quelli industrializzati, se vuole anche solo pensare di poter continuare a fare industria, e non ricadere sul terziario (e questo è fondamentale) deve puntare sull'high tech. E per questo servono laureati competenti, che entrino in azienda già capaci di RICERCARE, ed eccellenze che formino spin-off innovative. Tra l'altro, è così che va nel mondo: tutte le nazioni in via di sviluppo, appena possono permetterselo, alzano i contributi alla ricerca, perchè questa è l'UNICA via per sopravvivere.
    Seconda osservazione, se i cinti delle università sono pesanti e si vogliono fare entrare, in parte, finanziamenti privati atti a portare competenze lavorative al laureato, allora si dia più autonomia alle facoltà, in primis togliendo il meccanismo dei concorsi. Vogliamo andare verso un modello americano? (Che poi magari in Italia non funzionerebbe...) Partiamo da lì.

    La seconda serie di osservazioni è a carattere più etico.
    Indubbiamente il meccanismo proposto dalla legge per il CdA è molto farlocco, perlomeno in una democrazia. Penso che anche in Kazakistan sarebbero d'accordo. Cioè, i docenti eleggono il rettore. Il rettore sceglie il suo consiglio di amministrazione. Il rettore affigge la sua foto, con una bandiera italiana sullo sfondo, magari, in tutte le sedi dell'università, impone una strategia di sviluppo per le sedi rette da chi l'ha votato, dismette le altre. Magari si fa pure aggiungere un codicillo con cui sbatte fuori gli studenti che non gli stanno simpatici. Dato che la democrazia italiana sta andando a farsi friggere, e pochi se ne accorgono, meglio allinearsi subito all'interno delle università.
    Per quanto riguarda la riduzione dei fondi, l'impossibilità di assunzione ecc, quello che si vuole fare è chiaramente mettere in ginocchio l'Università italiana. Faccio notare che i termini di scadenza delle varie leggi Gelmini che stanno già facendo i loro danni erano piuttosto stringenti. E più o meno di questo tono: "io taglio i fondi, taglio i professori che potete assumere, e lo faccio da domani. Non mi avete letto nel pensiero? Peggio per voi."
    Le università, per sopravvivere, dovranno alzare parecchio le tasse. Aggiunto al fatto che le borse per merito di fatto non esistono, chi non apparterrà a una certa èlite avrà quasi sempre una licenza superiore.

    Personalmente auspico che questa protesta sia il punto di partenza per valutare l'operato di un governo non sulla base di quello che mi piace/non mi piace o mi fa comodo/non mi fa comodo, ma sulla base di una giustizia di quello che viene fatto, che prescinde dal riscontro positivo o negativo sul mio portafogli.

    Infine, le cose pratiche: come ha detto Daniele, l'dea della protesta è quella di bloccare la didattica fatta dai ricercatori (che lascerebbe noi studenti parecchio nella cacca, con un semestre effettivo di ritardo nelle lezioni). Qualcuno ha proposto invece di bloccare le sedute di laurea, con effetti più forti per chi sta all'esterno delle università.
    Personalmente credo che soprattutto questa seconda opzione andrebbe ventilata, magari insieme a quella già stabilita, perchè credo nella necessità di dare un segnale forte all'esterno.
    Se queste due iniziative saranno attuate, io che pure mi devo laureare e gradirei seguire qualche corso il primo semestre dell'anno prossimo, dò il mio pieno appoggio.

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  2. vorrei anche io fare un piccolo commento..

    anche a me a sconcertato un po' il fatto che eravamo quattro gatti, soprattutto dal fatto che mancavano i ricercatori..

    Ogni volta che penso alla situazione attuale delle cose si apre sotto ai miei piedi un buco nero di tristezza e quasi rassegnazione nel quale inizio a sprofondare..

    E' sconcertante sentire di paesi, che noi consideriamo delle merdine, che investono molto piu' di noi nell'istruzione e nella ricerca..
    I grandi politici che continuano a dire :"facciamo come gli USA" o "facciamo come la Germania" su cose che possono anche non interessare piu' di tanto la popolazione, quando si tratta di tematiche e decisioni veramente importanti sembrano impazzire completamente e agiscono come se volessero uccidere il paese..

    non so cosa questo governo abbia in mente, ma con queste mosse sembra che voglia ristabilire una specie di divisione in caste della popolazione: chi ha denaro potra' studiare quanto vuole e avara' sempre di piu' (magari sono anche delle capre), chi ha qualche difficolta' economica, anche se e' un genio, dovra' rassegnarsi al fatto che o va a lavorare (se riesce a trovare qualcosa) oppure dovra' andare via (che non e' una cosa affatto banale..)

    spero che tutte le forme di protesta servano a qualcosa.

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