sabato 6 febbraio 2010

un dibattito

Pausa merenda. Dovrei rispondere all'accorata richiesta di Michele, e lanciare una provocazione in merito al dibattito scienza/fede cui si riferirà l'esimia Margherita Hack questa sera da Fazio?
Sì, dai, potrei. Tanto il post sul Faust non lo legge nessuno…
(Però almeno leggete il libro, che è molto bello).
Al liceo una volta ci avevano proposto una traccia per un tema vertente proprio sul dissidio fra scienza e fede, fra ragione e religione. Erano i tempi del discorso del Papa a Ratisbona, quello famoso in cui sosteneva che la ragione può anche essere un'utile chiave d'accesso forse non alla fede, ma alle domande della religione; che fondamentalismo scientista e fondamentalismo religioso sono figli dello stesso errore di fondo. Il nostro professore di italiano aveva indetto una specie di fatwa contro "Il codice da Vinci": sì, erano anche i tempi dei complotti fra i corridoi del Vaticano, dei massoni e dei Templari, in cui ogni giorno a un lettore di Dan Brown che entusiasta tesseva gli elogi del romanzo, faceva eco un deciso difensore della fede, pronto a recriminare contro l'"attacco al cristianesimo" messo in atto dallo scrittore americano. Non mi ricordo bene perché, ma doveva averci preannunciato le tracce dei temi con qualche giorno d'anticipo: o forse avevamo discusso talmente tanto della controversia che già ci aspettavamo una simile traccia. Per un motivo o per l'altro, avevo preparato un po' di materiale (e al momento mi domando anche come mai non l'avesse proibito); e nello specifico, avevo trascritto qualche frase-spunto per iniziare il tema.

"…"Dimostrateci che Dio esiste", dite. Io vi rispondo: prendete i vostri telescopi, scrutate il cielo e poi ditemi come può Dio non esistere![…] Come fate a non vederlo? Sostenete che sarebbe bastato un minimo cambiamento della forza di gravità o del peso di un atomo per fare del nostro universo una nebulosa senza vita anziché uno splendido oceano di corpi celesti, e non riuscite a vedere la mano di Dio in tutto questo? Vi sembra più facile credere che abbiamo pescato la carta giusta da un mazzo composto da miliardi di carte?
[…] La fede, tutte le fedi, servono a ricordarci che c'è un'entità in conoscibile a cui siamo tenuti a rispondere…Solo attraverso la fede possiamo rendere conto delle nostre azioni al prossimo, a noi stessi e a Dio. la religione è imperfetta, ma solo perché è imperfetto l'uomo."…"

(Io immaginavo con divertimento il prof. pensare "mm, bella frase, chissà da dove l'ha tratta", e poi leggere in calce al foglio: Citazioni tratte da "Angeli e demoni", Dan Brown…)

Il topos delle carte ha un precedente illustre. Il signor Einstein non amava l'interpretazione della natura consentita dalla meccanica quantistica: "Dio non gioca a dadi!", si dice abbia bofonchiato più d'una volta. Certo, non aveva citato Dio e i dadi per sostenere una sua personale posizione di credente: ma è pur vero che allontanandosi dalla causalità, qualche domanda sovviene.
Anche ai migliori, anche in altri campi. Stephen Hawking: "Ma quand'anche ci fosse una sola teoria unificata, essa sarebbe solo un insieme di regole e di equazioni. L'approccio consueto della scienza, consistente nel costruire un modello matematico, non può rispondere alle domande del perché dovrebbe esserci un universo reale descrivibile da quel modello. Perché l'universo si dà la pena di esistere?"
La domanda della fede è una domanda di senso, quella della scienza una domanda di causa. Sono inconciliabili?
Lucio Rossi, fisico italiano al CERN: "Nella scienza nulla accade per caso, perciò per fare scienza bisogna necessariamente credere che la realtà sia unica e razionale. Ci vuole molta più credulità o senso di contraddizione a pensare che tutto sia frutto del caso, piuttosto che di una razionalità suprema."

Poi, ogni tot, a favore della posizione della scienza in contrapposizione a quella della fede, viene tirato in ballo l'argomento evoluzionismo, a prescindere dal fatto che anche la Chiesa accetta per vera questa teoria. John Polkinghorne, fisico successivamente fattosi monaco, in "Scienza e provvidenza":
"Non esiste un 'momento migliore' in una grande composizione musicale, un momento sul quale il nostro orecchio dovrebbe cercare di fermarsi per sempre; la bellezza dell'opera sta nello svolgersi, sta in tutto il suo movimento. La perfezione di Dio non è il mantenimento statico del più alto vertice metafisico, ma nell'amore totale esplicato nella sua azione immancabile. E' la perfezione che appartiene alla vita, non all'assenza di vita. Tutto questo, forse, è più facile da capire oggi, sapendo che l'atto della creazione non è consistito nella produzione di un mondo bell'e fatto, ma nel consentire l'evoluzione cosmica, dal big bang al nostro tempo."

Ci sono molti esempi di scienziati convertitisi in seguito alla vita religiosa. Da scienziati, non possiamo credere che ci sia una correlazione fra studiare la scienza ed entrare in convento solo basandoci su un numero di casi "rilevante" per un giornalista, ma assolutamente ininfluente per un matematico!
Però sarebbe interessante chiedersi il perché. Perché?
Uno studia per anni la mente del cosmo, entra nel cervello di Quello che molti chiamano Dio, scopre quali equazioni ha dettato per far partire il mondo, viaggia in lungo e in largo l'universo fino a odorarne le particelle più piccole, e poi cambiando ancora navicella, scendendo ancora di qualche ordine di grandezza, per vedersi sgretolare quelle stesse particelle e diventare onde, ampiezze, probabilità: per vederle giocare a nascondino, riapparire in un'altra veste, e poi scomparire di nuovo per l'effetto di un occhio indiscreto. Impara che per ogni fenomeno esiste una descrizione matematica, sempre perfettibile (imperfetta perché imperfetto è l'uomo, proprio come si diceva della religione!), ma completa ed esauriente. E allora? Perché dovrebbe sentire l'assenza di Dio?
Serve al mondo per esistere?


Forse la domanda è diversa. Forse la
vita è diversa. Il mondo è fatto di cose intelligibili, sì: ma anche di "cose", di cui la matematica non si dà la pena di occuparsi, senza le quali non sarebbe "vita". E dietro ognuna di queste "cose" c'è spesso una domanda più profonda, una domanda di senso: una domanda che fa scendere molto più in profondo nel cuore delle cose, nella verità del mondo (e lo metto senza virgolette, può essere una provocazione, per molti), rispetto a quanto permettano gli occhiali della matematica.
Si capisce molto di più con quelle domande che con le sentenze della scienza.
E si badi: non ho mica detto "risposte". No, ho detto proprio "domande".
Perché l'unica condizione per poter capire, è accettare di non potervi rispondere.
Questa è la fede.

24 commenti:

  1. Questa è la fede...(mumble mumble) Questa non è la scienza! Scienza che tutti noi amiamo e studiamo. Causa ed effetto. Ci basiamo sui fatti (oggettivi) per fare le nostre conclusioni e non facciamo conclusioni senza fatti o almeno prove non soggettive. Mi spiace fede, ma io prendendo il telescopio e scrutando il cielo non vedo null'altro di quello che le mie retine rivelano, sollecitate da fotoni nati una manciata di anni luce da noi.
    Mi viene da pensare che la curiosità insaziabile e la fantasia dell'uomo lo spinge a vedere qualcosa dietro tutto. Un grande progetto chiamato universo plasmato dall'architetto di nome Dio (lo scrivo con la maiuscola per vostro rispetto e null'altro). Ma vi spaventa cosi tanto pensare che il nostro universo nasce per caso? e che per caso siamo nati tutti noi? Bè io credo nel Caso (la scrittura con la maiuscola non è per niente)! Riprendendo il tuo esempio da cartomante dico che la probabilità che sulla terra si formasse vita è infinitesimale, ma infiniti (permettetemi questo errore) sono i pianeti esistenti nell'universo, e se gli infiniti sono dello stesso ordine di grandezza deduciamo che il Caso ha permesso la vita su una manciata di pianeti in tutto il cosmo. Potreste pensare che la mia idea sia squallida, fredda e "disumana", ma io non faccio il filosofo ne il filantropo, faccio lo scienziato.

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  2. "Non facciamo conclusioni senza fatti o almeno prove non soggettive": ecco, forse hai proprio centrato il punto, Miki. La fede è soggettiva. Uno vede la sua vita e non riesce a leggere nient'altro che la cronaca dei suoi fatti; un altro vede connessioni più profonde, legge coincidenze come qualcos'altro, cerca un filo conduttore che dia un senso al suo essere qui in questo momento, tra queste persone e non altre, con queste opportunità e non altre, con questi talenti e non altri, con le gioie e le sofferenze: e lo trova. La fede non è un equipaggiamento che tutti hanno a disposizione nel loro bagaglio: è un dono, non meritato da chi lo possiede, e che proprio per questa ragione assume ancora più valore e più importanza. Puoi vivere senza? Dipende da cosa intendi per vivere. Se rispondi a questa domanda, devi per forza importi una gerarchia fra le cose che sono importanti e quelle che lo sono meno: importanti non per il mondo, ma per te. Tutto assume un significato diverso, un colore diverso: più vivace, più "pieno". Ti sembra che prima non riuscissi a scorgere davvero i colori nella loro totalità: alcune cose restavano un po' sbiadite, un po' incerte. E ti accorgi che questa non può che essere la verità, anche se non è "razionale".
    Non mi spaventa pensare che tutto sia nato da un caso: semplicemente, non ne capisco il perché. Quando sali sulle Dolomiti, in alto, e giri lo sguardo, vedi l'orizzonte allontanarsi sempre di più, attorno a te altre montagne, con le loro guglie tutte differenti e tutte ugualmente uniche e spettacolari, laghi che riflettono colori impressionanti, cieli immensi che nemmeno il miglior pittore saprebbe rendere adeguatamente. Per un manuale di geologia, quelle montagne sono solo un accidente: fossili di una battaglia fra placche, che solo un minimo cambiamento nella direzione della spinta avrebbe reso diverse. Per me sono l'opera architettonica più bella che esista, con quegli anfratti e la luce che vi gioca dando loro tinte particolari. Per un libro di chimica, il lago ai miei piedi è un miscuglio di molecole. Per me è uno spettacolo unico. E ad ogni uomo, piccola particella nell'universo, anzi: fluttuazione statistica nella vita dell'universo!, è dato non solo di poter vedere, ma anche di entrare più in profondità, analizzare, penetrare quasi nella mente di Dio per scoprire cosa c'è dietro, fino alle equazioni iniziali. Cos'è un uomo nell'immensità dell'universo? Niente. Fluttuazione statistica, appunto. Eppure dentro di sé può contenere tutto l'universo, studiarlo, scomporlo in matematica e chimica, capirlo: così piccolo e così potente! E questo non ti sembra un piccolo miracolo? Ci era tutto dovuto? Non dico che si veda dietro a tutto ciò la mano di un creatore: solo, temo che spesso lo scienziato dia per scontate troppe cose, perdendosene la meraviglia. Si procede per cause e per effetti, ma a un certo punto si arriva a un momento in cui cause ed effetti non funzionano più. Allora è legittimo fermarsi, per uno scienziato, e dire: non vado oltre perché con i miei strumenti non posso conoscere oltre, perché mancano i dati oggettivi con i quali posso lavorare. E' giusto. Ma purtroppo (per fortuna) non è vero.

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  3. Dove la scienza non può più darti delle risposte, inizia il territorio dell'irrazionalità. All'inizio, abituati a cercare cause ed effetti, viene da ridere a lasciarsi andare all'irrazionalità: dove per irrazionalità intendo quel cercare connessioni e significati, lasciando perdere l'intelletto ma usando di più il cuore. E' difficile affidarsi a qualcosa di razionalmente inspiegabile come, mettiamo, una preghiera; è difficile pensare che serva, è difficile non pensare "ma che senso ha?". Il passo è fidarsi. Fidandosi, si scopre, ancora quasi con incredulità, o più che altro incapacità di spiegarsi come succeda, che accettare di non capire è già comprendere. Capire cose su un altro livello. E ti avvicini di più alla verità, benché "razionalmente" questa verità non sia dimostrabile: è però l'esperienza, la vita, che ti rende evidente che si tratti della verità: di nuovo, per cause e per effetti non lo potrai mai giudicare "vero", eppure sai che è così. E' una consapevolezza radicata in un piano differente dalle certezze che il ragionamento può fornirti, una consapevolezza razionalmente inspiegabile, ma vera. La parola "fede" dice già che è un atto di fiducia, in cui la mente non si appropria della verità impegnandosi e lavorando, ma lo fa grazie a un appoggiarsi a qualcosa di esterno ad essa, credendogli senza poter verificare. E nel momento in cui si affida, ne viene accolta, e capisce: in questo meccanismo non c'è dimensione temporale, è istantaneo; non c'è una causa-effetto, "prima mi affido, poi capisco": le cose avvengono simultaneamente, l'una è causa dell'altra e viceversa. Anche qui, con queste reazioni istantanee, la fisica avrebbe qualche grattacapo…
    Ti ho provocato abbastanza? Sei rimasto sconvolto dal fatto che si diano per certezze verità indimostrabili? Eppure non c'è altro modo per avvertirle con maggior certezza del lasciarle così come sono: incomprensibili alla mente, chiare e inconfutabili al cuore.
    Dopotutto l'aveva già capito anche Galileo che scienza e fede non fossero inconciliabili: "La Bibbia insegna non come va il cielo, ma come si va in cielo." Poter avere gli strumenti per ammirare e studiare la perfezione (casuale?? ;)…) del mondo, dall'universo ai quanti, è una fortuna immensa; poter avere la possibilità di vederlo, dall'universo ai quanti, come un dono, è una fortuna doppia.

    (Scusa la lungaggine...)

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  6. La Fisica è una scienza esatta. E’ uno di quei pochi campi in cui gli argomenti si sanno per certo, sono tangibili, esatti. Nessun altro aspetto del mondo è descritto con più precisione, con più accuratezza. Le leggi fisiche sono inflessibili, invarianti, universali. Inoltre utilizza il linguaggio più preciso che esita: la matematica. Nulla sfugge alle equazioni fisiche.
    Se un essere superiore (un supercomputer) potesse in questo preciso istante conoscere ogni singolo evento che si verifica nell’universo, ogni singola posizione di ogni singolo atomo, e se conoscesse tutte le leggi di causa-effetto che regolano i fenomeni naturali, allora, in linea teorica, potrebbe tranquillamente predire il futuro di ciò che accadrà da qui all’eternità.
    In fondo, alla fine, l’universo è come un biliardo. Se sapessimo come la stecca ha colpito la prima palla, con che inclinazione, con che forza, con che spin, allora potremmo conoscere il movimento di tutte le altre palle, una per una, di ogni sponda, ogni urto, ogni buca. L’unico problema è che noi siamo solo degli spettatori al centro del biliardo, e possiamo vedere soltanto la palla rossa che cozza contro quella blu, quella gialla che va in buca, e quella verde che rimbalza contro la sponda con lo stesso angolo con cui l’ha colpita. E da qui deduciamo le regole. Allo stesso modo, il big bang non è altro che la prima steccata che ha messo in moto tutto. Tutto ciò che è successo, ogni singolo evento della storia, non è altro che una concatenazione di cause-effetto da quel primo singolo evento. Il caos non esiste, è come noi uomini chiamiamo un fenomeno di cui non conosciamo appieno le cause.
    Falso. Non è vero che la fisica può prevedere tutto. Non è vero che la materia è come un tavolo da biliardo. Non è vero che conoscendo ogni singolo evento potremmo prevedere il futuro. Almeno, questo ci dice la fisica.
    Prima dell’avvento della cosiddetta fisica moderna, i fisici credevano che la loro mancanza di conoscenza dei fenomeni dell’universo dipendesse da un problema umano. E’ logico: il sapere scientifico si costruisce poco a poco, con rigore, e non si può sapere tutto e subito. Man mano che si proseguirà, pensavano, tutto sarà più chiaro, più limpido, ed ogni singolo aspetto, alla fine, verrà compreso ed analizzato.
    Ad un certo punto, però, ci si trovò di fronte ad muro di nome fisica quantistica. Il principio di indeterminazione di Heisenberg ha un nome abbastanza eloquente in proposito. Esso, ricordo, afferma che non si può sapere con precisione sia la velocità che la posizione di una particella. Ciò significa che anche con il più sofisticato possibile degli strumenti a nostra disposizione, la natura non ci concede di conoscere la velocità, sapendo la posizione, o la posizione, sapendo la velocità di un corpo. L’approssimazione è intrinseca nella natura stessa. L’errore umano qui non c’entra nulla. Non esiste nemmeno un linguaggio appropriato per descrivere cosa accade a livelli così microscopici: lo stesso Heisenber dice: “I problemi del linguaggio sono qui veramente gravi. Noi desideriamo parlare in qualche modo della struttura degli atomi … Ma non possiamo parlare degli atomi servendoci del linguaggio ordinario.”. Le particelle sono onde e le onde particelle. Non possiamo sapere dove si trova un elettrone, ma solo dove c’è più probabilità che ci sia. Per non parlare dei legami tra gli atomi: anche se sappiamo dargli dei nomi, non capiamo ancora appieno come queste onde di elettroni si influenzino a vicenda.

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  7. Credo che dobbiamo partire da questo punto di vista per interrogarci sui massimi sistemi. Alla fine l’universo non è un tavolo da biliardo. E’ invece più un’orchestra, in cui ogni elemento non può essere analizzato separatamente. C’è il trombone, il piano, il violino, il flauto, ma alla fine ciò che conta è la musica che ne scaturisce. Non possiamo avere la pretesa di conoscere il tutto. E’ un composto organico, armonico.
    Non voglio qui ribadire le cosiddette “prove” dell’esistenza di Dio. Credo che Fede (nomen omen) abbia già ribadito tutto ciò che si poteva dire, per cui non sarebbe che un copia-incolla. (A proposito, complimenti per il post, l’ho letto due volte).
    L’unica cosa che voglio proporre è un cambio di prospettiva. “Perché esiste Dio? Datemente una prova!”. Io risponderei: “Perché non esiste? Datemene una prova!”. Non è detto che se noi siamo ciechi la luce non esista. Soltanto noi non possiamo vederla. Più mi addentro nella fisica, e più mi sembra che le tessere del puzzle combacino: tutto è energia, e la materia non è che energia concentrata (perché E=mc^2 vuol dire quello); spazio e tempo non sono separati, ma un insieme organico, unico; gli atomi vibrano e si comportano più come corde di violino che non come palle da biliardo, etc. A me sembra più qualcosa di vivo che non qualcosa di meccanico.
    Se poi la musica di questa orchestra sia buona o cattiva, agisca con o contro il nostro volere, ci aiuti o ci ostacoli, se esista o meno un direttore d’orchestra o se sia la musica stessa ad essere viva, ciò non posso dirlo. Quello che so è che a volte l’unico modo di comprendere è chiudere gli occhi e stare ad ascoltare.

    PS: A questo proposito, propongo la lettura di “Il Tao della Fisica”, che approfondisce questi concetti, cercando di creare una connessione tra le nuove concezioni fisiche ed il misticismo orientale. Sebbene alcuni paralleli sembrino un po’ campati per aria, altri invece sono abbastanza calzanti.

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  8. Axel, vorrei rispondere alle tue domande con un'altra domanda: "Ha senso chiedersi se Dio esiste o meno?"
    A livello scientifico, trovo che far risalire a Dio l'origine di qualcosa possa bloccare il progresso in quella direzione, visto che Dio viene inteso come causa prima. Vi faccio un esempio molto concreto e piuttosto dibattuto, l'evoluzionismo: esistono ancora persone che affermano che l'uomo e tutti gli animali sono stati creati da Dio alcune migliaia di anni fa. Se si accettasse come vero, la ricerca in questo settore è morta, non c'è più nulla da dire, mentre in realtà sappiamo che non è così.
    Bisogna sempre fare molta attenzione a queste cose, si rischia di cadere in errori non da poco.

    Personalmente trovo la fede molto difficile da capire. Ci si fida di concetti che si "sentono" giusti (nel migliore dei casi, perché nel peggiore ci si fida e basta), ma la mia esperienza mi dice che molte volte le mie sensazioni si sono sbagliate, e quindi non sono sufficienti per capire l'universo.

    PS: Axel, in fisica non si sa nulla per certo, si conosce solo una buona approssimazione della realtà. ;)

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  9. ...Forse trovi molto difficile capirla perchè la fede non va capita: va vissuta.

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  10. Io ho letto il post del Faust!
    Mi permetto di dire due cosucce. Primo, propongo un'interpretazione molto interessante e molto arguta i cui autori sono alcuni dottorandi (non metto nomi perchè non ricordo esattamente, mi informerò). Secondo l'interpretazione attualmente accettata riguardo il significato di una misura in meccanica quantistica (mi pare sia quella di Copenaghen; in ogni caso è suffragata dalle disuguaglianze di Bell), io ho questa bella funzione d'onda che evolve secondo l'equazione di Schroedinger, e quando faccio la mia bella misura la funzione d'onda collassa.
    Ma per avere una descrizione completa di un qualsiasi sistema, che non è in fin dei conti isolato ma interagente con qualcos'altro, dovrei scrivere la funzione d'onda dell'intero universo. Ora, qualcuno si faccia vivo se in via teorica questo non si può fare. Supponiamo che si possa. In tal caso, incorporando all'interno dell'universo tutto lo spazio accessibile, niente starebbe fuori, niente potrebbe fare una misura e far collassare la funzione d'onda. Dunque, l'universo è una grossa macchina DETERMINISTICA. Che ne pensate di questa interpretazione?
    Seconda cosa. Personalmente sono a favore della misura come indice di un certo stato del sistema. Ritengo che le discussioni su fede e scienza siano più che inutili, dannose. Dalla mia esperienza, c'è una notevole tendenza ad arroccarsi sulle proprie posizioni. La domanda "ha senso coltivare una Fede?" immagino abbia risposta diversa per ognuno di noi, e sia legata a quest'altro problema: all'interno del campione di persone che conosco con una certa confidenza, chi crede è più felice di chi non crede?
    Se la Fede non porta al piacere interiore, serve solo per costruirsi un dito dietro a cui nascondersi. In caso contrario, val la pena prenderla in considerazione.

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  11. L'argomento è senza dubbio molto interessante e ricco di spunti. Sia l'intervento che i commenti che la hanno seguito sono molto appassionati, vedrò di essere all'altezza.

    Il rapporto tra Scienza e Fede tiene banco da secoli, ha avuto (metaforicamente) le sue escalation di violenza e i suoi periodi di pace, ma credo che ormai si sia giunti a una situazione di stabilità. Chi sostiene che la Fede sia irrazionale e che l'uomo dovrebbe agganciare la propria vita alla più alta vetta di razionalità raggiunta nella sua storia, cioè la Scienza, rischi di commettere dei gravi errori. Mi limito ad elencarne alcuni, anche senza alcuna connessione tra loro.

    In primo luogo, chi manifesta questo pensiero non dovrebbe poi considerare gli altri risultati del pensiero umano (mi riferisco soprattutto alla filosofia) come risultati di serie B rispetto al pensiero scientifico, perché per definizione il pensiero razionale (e quindi anche la scienza stessa) ha la sua radice nella filosofia.

    Inoltre elevando la Scienza (empirica) al rango di unica faccia della realtà, spesso e volentieri si sprofonda nel più gretto materialismo, che a sua volta può portare (fortunatamente non nella stragrande maggioranza dei casi) a vedere l'essere umano come una semplice bestia, un ammasso di cellule. Certo un gran bell'ammasso di cellule, ma niente di più. Inutile dire quanto lo sprofondare il livello di dignità umana a quello animale possa avere conseguenze che riteniamo aberranti. Se non siamo che bestie, perché non deve continuare a valere la “legge del più forte”? Perché non sopprimiamo i malati? Perché non rendiamo la razza umana più forte e resistente con qualche ritocco genetico?

    C'è stato chi ha tentato di fare qualcosa di simile, e ancora vediamo le conseguenze di una tale deriva. [Consiglio la lettura de “Il Mondo Nuovo” di Huxley, ingiustamente considerato un fratello minore del ben più noto 1984 di Orwell; un libro assolutamente illuminante].
    L'Uomo non è solo chimica. Lungi da me fare la figura del bacchettone, ma studiare la chimica-fisica del cervello (effettivamente l'unico modo scientifico di studiare il cervello) e pretendere di rivelare in questo modo i misteri e i meccanismi del pensiero umano e delle emozioni è a mio parere una colossale sciocchezza.
    L'Uomo è anche e soprattutto sentimenti, che non costituiscono affatto l'oggetto della scienza naturale.
    Circa i contrasti tra scienza e fede, o quelli che vengono presentati come tali, non ho granché da dire. Bisogna prendere atto una volta per tutte che il “caso Galileo” è chiuso (e da aspirante fisico lo dico con sollievo). La Fede non blocca la ricerca di base su fondamenti teologici: nessuno si sogna di bloccare la ricerca nel campo della cosmologia perché l'unica cosa da sapere è che “in principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio”. Magari c'è chi lo pensa, ma nulla impedisce di studiare cosmologia.
    Ben diverso è il discorso sull'ingegneria genetica, sulle staminali e sull'eutanasia, i campi dove più frequentemente si accende il confronto. Non sono un biologo, né un medico né un sacerdote, ma da studente non posso certo dire di essere sempre d'accordo con chi si erge a paladino della scienza e del progresso contro il bieco oscurantismo religioso.
    Riguardo alla dimostrazione dell'esistenza di Dio, Tommaso D'Aquino ha già detto a suo tempo tutto quel che andava detto, e sulla confutazione di tali prove già si è espresso Kant, e io nono ho niente da aggiungere; rimando quindi la questione a personalità di ben altra levatura rispetto al sottoscritto. L'ateismo, come la religiosità, è una scelta assolutamente rispettabile se adeguatamente meditata. Non è possibile dimostrare di essere nel giusto o confutare la posizione di chi la pensa diversamente, perché non si sta parlando di un teorema o di un modello fisico, e dobbiamo rassegnarci al fatto che alcune volte gli schemi che adoperiamo nello studio della Natura o della matematica non sono adatti alle questioni che affrontiamo.

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  12. Chiaramente, come credente, non ho certo la pretesa di comprendere l'universo con la sola Bibbia, anche perché se così fosse casa diavolo ci faccio io qui?
    Last but not least, la risposta al Vecchio Lampo. La meccanica quantistica è senza ombra di dubbio sul podio delle teorie fisiche più affascinanti. Ciò che la rende così interessante è il fatto che può sembrare che su scala atomica tutto (o quasi) può succedere. Questa particolarità ha dato luogo a una lunga serie di gedanken experiment, esperimenti mentali, paradossi etc. etc.. Mentirei se dicessi che non mi sono iscritto a Fisica per questo. Tuttavia da qualche tempo ho adottato la “dottrina Dirac” (anche se l'attribuzione è incerta) nell'affrontare problemi del genere o espansioni del campo di applicazioni della MQ a scale macroscopiche. Tale dottrina può essere tranquillamente riassunta nell'espressione “zitto e calcola”. Anche perché, vista la sua particolare natura, ognuno vede nella Fisica Quantistica quello che vuole vedere. Come diceva Popper, chi cerca conferme le trova sempre.
    In secondo luogo, l'adesione o meno a una fede (una qualunque) ha poco a che fare con il piacere interiore, almeno nella mia esperienza. Direi che la questione non è così semplice. Ci sono un sacco di cose che mi darebbero piacere interiore, ma non la Fede. Parlerei di conforto, consolazione per la miseria umana, più che di piacere.

    In conclusione, noi qui abbiamo congetturato, ragionato in maniera decisamente astratta, ma, citando mi pare Pascal, il credente crede al Dio di Abramo, Isacco e di Giacobbe, non dei sapienti e dei filosofi. Un credente crede nella manifestazione “storica” di Dio, poche balle. Per gli Ebrei è l'Alleanza e la liberazione dall'Egitto, per i Cristiani la divinità di Gesù, per i Musulmani la Rivelazione a Maometto. Da questi dogmi non si scappa.

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  13. ...questa è un'implorazione: potreste smettere di scrivere "fede" con la F maiuscola? Mi sembra sempre di sentirmi chiamata in causa...!

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  14. Hai lanciato il sasso, ormai ti tocca... E bravo Dan, ora sono il Vecchio Lampo.

    Dunque, due cose, in attesa del commento che mi ha promesso Auro. "zitto e calcola" mi pare arrivasse da Feynman, ed è un principio che sostengo pure io. Possiamo anche perderci in discussioni filosofiche non verificabili, ma come dice il Griffiths (una delle prime pagine del primo capitolo), è tutta "metafisica", nel senso dispregiativo del termine.

    Per quanto riguarda il concetto di "piacere", mi sono voluto distaccare dalla solita corrente, che avrebbe scritto "felicità". Ammetto il mio fallimento, non si interpreti come sembra a prima vista. Io non credo che la Fede (pardon, l'ultima F) serva come conforto nel dolore. Comodo e riduttivo. E' invece vera, e sensata, e ha senso viverla, se fa sentire non una pseudo-felicità smorta che faccia rinunciare al suicidio, ma una gioia esplosiva che renda la vita degna di essere vissuta solo perchè si è davvero contenti, ed è bello essere contenti.

    Concludendo, invito (anche se qui non è ancora capitato) di stare lontani dai cliché estremisti di ambe le posizioni. Scusate se uso un linguaggio contorto, ho bisogno di un buon psichiatra.

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  15. Non hai bisogno di un buon psichiatra. E' solo Febbraio. Quello di cui abbiamo bisogno è Marzo con la sua fresca arietta che sa già di primavera. Come palliativo, nell'attesa che il mese finisca, può bastare una birra in compagnia.

    E non ti crucciar della vecchiaia. Per me "vecchio" va a braccetto con "saggio"!

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  16. La definizione di "fede" che hai dato, Lampo, credo sia la migliore espressa finora!
    Riscrivo il pezzettino così lo rileggete tutti:

    "non credo che la fede serva come conforto nel dolore. Comodo e riduttivo. E' invece vera, e sensata, e ha senso viverla, se fa sentire non una pseudo-felicità smorta che faccia rinunciare al suicidio, ma una gioia esplosiva che renda la vita degna di essere vissuta solo perchè si è davvero contenti, ed è bello essere contenti."

    Sono d'accordo!

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  17. Innanzitutto: il dibattito è molto interessante e molto vasto.
    Vorrei dire un paio di cose:

    1.
    Ritengo che la fede come qualsiasi credenza profonda in qualche cosa, sia compatibile con la conoscenza razionale nella misura in cui tale credenza non neghi al pensiero razionale la concreta possibilità di esprimersi.
    Parto dal presupposto che all’interno dell’essere umano coesistono tendenze emotive, pensieri e immagini che osservati dall’esterno o dall’interno si contraddicono logicamente. Esiste secondo me una sorta di “schizofrenia”, abbiamo una personalità sfaccettata che non ci fa agire in modo univoco ma che si può esprimere in comportamenti tra loro contraddittori o che possono essere giudicati tali. Per cui non credo che la credenza profonda in qualcosa impedisca necessariamente lo svolgimento di una facoltà cognitiva. La può influenzare sicuramente, ma le due cose non sono mutuamente esclusive. Esistono scienziati di varie religioni e pure scienziati atei e questo non impedisce loro di essere dei buoni scienziati. Newton scrisse più trattati di alchimia che di meccanica ma ciò non gli impedì di compiere delle scoperte fisiche significative. Forse il problema si ha quando tale schizofrenia non è del tutto bilanciata e domina solo un’idea, solo un sentimento, solo una credenza che affermandosi toglie spazio a tutto il resto. Coniugare in modo coerente due immagini del mondo date da due tendenze interiori diverse è compito personale di ciascuno con sé stesso traendo spunto dal confronto con gli altri. Personalmente ritengo valido il punto di vista edonistico di Marco: se una credenza o uno stato d’animo mi dà “una gioia esplosiva che renda la vita degna di essere vissuta solo perchè si è davvero contenti” allora cerco di coltivarla/o che sia in contraddizione apparente o meno con il resto delle mie credenze. O magari detta così è un po’ utopica, cioè presuppone che uno riesca a sciegliere ciò in cui crede e non che tale credenza gli si autoimponga di forza propria….il che non è cosa certa.
    Ai fini della scienza la domanda importante secondo me è: Vi sono particolari credenze, più efficaci di altre che agiscono in modo da stimolare in modo migliore l’esplicarsi dell’attività di conoscenza razionale???

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  18. 2.
    Se l’interpretazione della meccanica quantistica faccia convergere la visione razionale del mondo verso una certa immagine del mondo come essere vitale e divino, non saprei dire con esattezza. Secondo Capra (l’autore del Tao della Fisica) sicuramente è così. Ma dato che è stata citata una interpretazione della meccanica quantistica, vorrei aggiungere un paio di cose per chiarire meglio ciò che ha detto Marco. L’idea è saltata fuori da una discussione tra me (ci tengo a precisare che io non sono un dottorando checchè ne dica Marco!) e Marzia (che è una dotoranda che spero non mi faccia causa per violazione della privacy). Si parlava di determinismo, ma non era nostro scopo dimostrare che il mondo lo sia o meno, il punto era piuttosto la descrizione del mondo fatta dalla MQ. Quando si fa un’osservazione in MQ si studia un sistema quantistico che si considera inizialmente “isolato” cioè non quantisticamente interagente con l’apparato di misura, in un istante successivo si fanno interagire i due in una qualche maniera e si guardano i risultati. In realtà il sistema però non è isolato effettivamente perché le proprietà di un sistema quantistico non sono mai date del tutto a priori ma sono frutto della sua interazione con il resto del mondo (per esempio vedi dualità onda-corpuscolo, oppure il fatto che se conosco lo spin di un elettrone lungo l’asse z, nello stesso istante lungo l’asse x lo spin non ha un valore definito) Le proprietà del sistema risiedono quindi anche in ciò che circonda il sistema, cioè nel resto del mondo. Quindi considerarlo isolato significa dire che la sua interazione quantistica con l’apparato di misura non influenza il risultato della misura, cioè l’errore che si commette nell’approssimazione è più piccolo dell’errore strumentale. Il risultato della misura si ricava ovviamente da uno stato finale classico dell’apparato di misura. In teoria quindi non esistono sistemi isolati ma nella pratica con questa approssimazione c’è accordo tra una teoria che fa tale approssimazione e gli esperimenti. Ora, tali esperimenti danno esiti probabilistici. La funzione d’onda di un sistema ha due modi per cambiare: evolve deterministicamente secondo l’equazione di Schrödinger, oppure collassa a seguito di una misura. La misura avviene solo se agisco con qualcosa di esterno su di un sistema isolato come detto sopra. Se io considero la funzione d’onda dell’intero universo non c’è niente al di fuori di esso tale per cui l’universo possa venir considerato un sistema isolato rispetto ad un apparato di misura a lui esterno e quindi osservato in qualche maniera. L’unico modo che ha la sua funzione d’onda per cambiare è evolvere deterministcamente secondo l’equazione di Schrödinger. Questo è il paradosso mediante il quale si elimina il carattere probabilistico della meccanica quantistica. Ora se io suppongo di isolare un apparato sperimentale dall’universo e di fare con esso una misura otterrò certamente un risultato probabilistico magari anche buono per fini pratici e in accordo con la teoria. Ma il punto stà proprio qui. Noi non riusciamo a vedere come il carattere probabilistico della MQ possa saltare fuori senza considerare l’approssimazione di sistema isolato che se è praticamente efficace ci sembra logicamente sbagliata.
    (Ci sono delle riflessioni molto simili in Quantum Theory di David Bohm (Dover Publications) che ho preso in mano dopo la discussione per leggere il punto di vista di qualcuno un po’ più saggio. Il libro oltre che trattare il formalismo e i vari temi svolti nei corsi di Quantistica 1 e Quantistica 2 dedica un sacco di spazio a riflessioni sull’interpretazione della meccanica quantistica, cosa che molti altri testi liquidano in poche pagine.)


    Auro

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  19. P.S.

    Per la birra in compagnia si può fare....

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  20. “Il Cristianesimo è riuscito a convincere la gente che c’è un uomo invisibile… che vive nel cielo e che guarda tutto ciò che facciamo ogni singolo istante di ciascun giorno. E l’uomo invisibile ha una lista speciale di dieci cose che non vuole che facciamo. E se si fa anche solo una di queste dieci cose, ha un posto speciale, pieno di fuoco e fumo e persone che bruciano e tortura e angoscia, dove ci spedirà a vivere per soffrire e bruciare e soffocare e urlare e piangere per sempre fino alla fine del mondo.
    …Ma lui ci ama…”

    Tratto dal film Zeitgeist

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  21. Era una provocazione per poter capire?
    Io non so nulla di teologia e non sono nemmeno ferrata nella Bibbia, ma non credo che l'inferno sia un luogo esterno all'uomo in cui chi non rispetta le regole viene gettato per punizione divina. Credo che l'inferno sia una condizione dell'animo dell'uomo: una condizione di abbandono, di solitudine, l'impressione di sentirsi ripudiati, in poche parole non amati. Ma è possibile redimersi se si è in grado di amare: l'inferno nella sua completa crudeltà, invece, è la completa incapacità di farlo.
    Alcuni comportamenti incitano l'uomo ad amare: "non rubare"..."non uccidere"...; non sono prescrizioni cui aderire per semplice osservanza della legge: sono punti fermi che sorgono da sè nella coscienza di chi arriva alla comprensione dell' "ama il prossimo tuo come te stesso" (nota: QUESTO è il cristianesimo: il comandamento che riassume in sè tutti e 10, e altri ancora; i dieci comandamenti sono legati maggiormente all'ebraismo). Per cui non sono ordini che stanno stretti al credente, perchè sono semplici trascrizioni delle convinzioni che si è fatto avendo compreso il significato di ciò in cui crede.
    Però ci si può arrivare pian piano, a una tale comprensione: nessuno capisce già senza aver potuto sperimentare. Quelle dieci "regole" possono aiutarti a rimanere in carreggiata, anche se ancora non capisci dove sia la strada. Puoi infrangerle, credendo di essere più libero: ma se arrivi a condividere il pensiero che l'uomo dia il meglio di sè nella vocazione al bene, scopri che le regole erano proprio per permetterti di essere più libero, per darti delle dritte su come esserlo. Dopotutto ti stanno dicendo: non permettere che qualsiasi cosa al di fuori della vita stessa diventi per te una divinità cui soccombere, non avere a cuore i beni materiali più delle persone, sii libero abbastanza da poter considerare la vita al di sopra di qualsiasi cosa: brama di possedere, voglia di arrivare... rispetta le persone come vorresti essere rispettato tu, non mentire agli altri ma soprattutto non mentire a te stesso. Niente di trascendentale! L'inferno è per chi viola le regole non come punizione della contravvenzione, ma in quanto destino che si fabbrica da sè chi contravviene: quando non riconosce l'importanza delle cose, quando le gerarchie vengono capovolte, quando al primo posto non c'è l'aspirazione a dare il meglio di sè. Allora la vita diventa tutta uguale, tutta grigia, non è più degna di essere vissuta, nella coscienza della vittima: è l'inferno.
    Attraverso un certo modo di essere, di vivere, tu hai la possibilità di dare il meglio di te, di realizzarti al massimo grado come persona. Tu puoi decidere o no di provarci, ma non puoi negare che questa possibilità ti sia data ogni giorno: se la rifiuti, non puoi dare la colpa del tuo insuccesso a chi aveva tentato di dirti dove andare.

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  22. Incredibile... sei riuscita a piazzarmi addosso un altro paio di occhiali. Peccato che ad un cieco gli occhiali non servano. Non sono certamente i principi fondanti del cristianesimo il mio problema, sono dei principi che rispetto e che tutta l'umanità dovrebbe seguire: rispetto, tolleranza, pace, amore... Il mio problema sorge però quando un uomo in una chiesa
    dice frasi a mio parere fatte e centinaia di persone che ripetono a pappagallo e che credono che un'ora della domenica possa redimerli dai loro bei comportamenti. Mi sorgono alla mente quei film futuristici dove viene fatto un lavaggio del cervello di massa. Non c'è bisogno di qualcuno che ci dica dove stia il bene o il male, abbiamo un cervello funzionante o no?? Credo, dopo 20 anni di vita, di non aver più bisogno di qualcuno che mi dica quello che è o non è giusto fare, tantomeno se è uno sconosciuto.

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  23. Un'ora della domenica non ti redime dai tuoi bei comportamenti.
    E a volte capita che alcune frasi dette siano fatte, è vero.
    Non c'è bisogno di qualcuno che ci dica dove stia il bene e dove stia il male, quello che è giusto o non è giusto fare: lo sconosciuto ti dice in cosa vale la pena giocarti la vita, qual è l'esistenza che vale la pena di vivere.
    A saper trovare le frasi giuste, e non frasi fatte, questo ha il potere di cambiare il mondo, partendo da ogni singola persona.
    Certo che abbiamo un cervello funzionante, e il cervello ti domanda, ti chiede delucidazioni, fa sorgere dubbi. La fede cresce sui dubbi. Non usare il cervello, e la tua fede rimarrà povera...troppo povera per poter cambiare il mondo, cambiando te.

    (Ma adesso fammi tornare alle equazioni differenziali altrimenti la vedo grigia... Ci risentiamo.)

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  24. (Fra parentesi. Stavo rileggendo la discussione.
    Aggiungo una piccola postilla: io non credo che rispetto, tolleranza e pace possano ritenersi "principi fondanti" del cristianesimo. Non è solo con quelli che la fede può stare in piedi. Loro sono "solo" un "accidente": arrivano da sè dopo aver assimilato altri principi.
    Chiusa parentesi punto.)

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