venerdì 18 marzo 2011

KDE is better!

Come alcuni tra voi sapranno, la gran parte del mio lavoro a computer si svolge su ambiente linux. Tanto per dare un'idea a chi non se ne è mai interessanto, linux non indica UN sistema operativo (come potrebbe essere Windows o OS X, nelle loro varie versioni), ma una sorta di "sistema di base" (chiedo perdono per la definizione approssimativa e forse un po' scorretta) sulla quale chiunque può costruire un sistema operativo completo di tutti i programmi di utilità che siamo soliti trovare su un computer Microsoft o Apple.

Per quanto riguarda linux invece, esistono numerose distribuzioni, ovvero pacchetti organici di programmi che costituiscono diversi sistemi operativi, fondati però su un nucleo comune. Come molti linuxettari, o forse tutti, sono alla ricerca della distribuzione ideale: infatti ciascuna distribuzione offre diverse varianti di programmi a disposizione subito dopo l'installazione, diverse interfacce per gestire il sistema e diversi gradi di smanettamento. In particolare, la mia ricerca mi porta a girovagare e utilizzare più o meno ciclicamente quelle distribuzioni che implementano KDE. Infatti, l'interfaccia grafica su linux non è associata a un unico gestore di finestre, ma se ne hanno a disposizione diversi, con diverse caratteristiche (per capire cosa intendo, provate a dare un'occhiata qui, qui, qui e qui) e soprattutto diversi modi di pensare all'interazione tra l'utente e il computer. Io sono un fervente sostenitore di KDE, non solo per l'eleganza grafica, ma anche perchè mi trovo molto meglio con la filosofia che adotta, rispetto a quella di GNOME, che trovo assolutamente controintuitivo.

Ebbene, negli ultimi tempi utilizzavo openSUSE, che reputavo un'ottima distribuzione, stabile, piuttosto veloce e ben integrata con KDE. Tuttavia, l'upgrade all'ultima versione mi ha lasciato molto scontento. Seguendo il consiglio di un mio amico, mi sono orientato su kubuntu, già provato in passato con cocente delusione. Nonostante questo, ho scaricato il live-cd (che dà la possibilità di provare linux senza apportare alcuna modifica al computer) che sto esplorando in questo momento. Oltre a una selezione ben fatta di poche, fondamentali applicazioni e a una grafica fluida e senza personalizzazioni - due caratteristiche che appresso particolarmente - trovo un sistema completamente funzionante, nessun problema con la scheda video o con la connessione wireless, entrambi un po' problematici nei live cd con le vecchie versioni di KDE, e un'esperienza d'uso decisamente positiva, considerando che i live cd, a causa della lentezza del lettore, sono tipicamente poco fluidi.

Per entrare maggiormente nei dettagli:
  • il desktop è ben organizzato, senza miliardi di widget inutili
  • il browser di default non è firefox, ma quello integrato di KDE, rekonq, che non mi fa assolutamente rimpiangere il mio amato chrome (anzi, penso che cambierò abitudini e lascerò quest'ultimo in disparte)
  • l'editing dei file di testo è fatto con l'ottimo kate, invece che con programmi meno avanzati e/o conosciuti (vedi kwrite, che personalmente non amo)
  • l'applicazione di gestione dei programmi, kpackagekit, spesso nota dolente, funziona a meraviglia anche da live cd
Tutto questo associato alla facilità di gestione dei repository propria di ubuntu, e alle miliardate di pacchetti disponibili. Da non dimenticare, un'applicazione proprietaria per l'installazione facile dei driver non inclusi nella distribuzione (tipicamente quelli della scheda video), che semplifica non poco la vita a coloro che non amano un uso troppo intensivo della shell per la gestione del sistema, come il sottoscritto.

In definitiva, direi che ci si trova di fronte a un'ottima distribuzione, rifinita come si deve per un'ottima esperienza d'uso. Corro ora a scaricare il DVD completo per l'installazione, dopo di che vi farò sapere cone se la cava kubuntu sottoposto a uso intensivo.

giovedì 17 marzo 2011

Perchè non mi vanto di essere italiano

"Sull'ereditarietà del merito"

Oggi com’è noto festeggiamo 150 anni dell’unità d’Italia. Persino Google English si è vestito con il tricolore. C’è però in tutto questo clima di festa qualcosa che mi turba. Mi sento un po’ restio a voler festeggiare, e sto cercando di capire da cosa derivi quest’inquietudine.

Il primo pensiero che mi ronza per la testa è se abbia senso parlare di “popolo”, o di “nazione” o di “patria”. Razionalmente, non credo che esista qualche connessione profonda tra persone le quali l’unica cosa che hanno in comune è quella di risiedere su uno stesso pezzo di terra e parlare la stessa lingua. Che cos’ho in comune io con un qualsiasi altro italiano? Abbiamo lo stesso tipo di DNA? Di costituzione fisica? Di connessioni neuronali?

Forse questo tipo di connessione va cercato nella cosiddetta “cultura” di un popolo, ovvero quella serie di informazioni, chiamiamole così, che derivano dall’insegnamento scolastico e familiare, ed in generale dall’ambiente in cui si vive, che si sedimentano poco a poco nella nostra memoria e nella nostra mente e che ci plasmano come un pezzo di pongo. Però anche questo non torna del tutto. E’ possibile concretamente distinguere dei caratteri comuni a tutti gli italiani? Certo, si potrebbe fare l’esempio della cucina. Agli italiani piace la pizza, il caffè, il cappuccino e il tiramisù; ai francesi piace il formaggio, agli spagnoli la paella. Ma esisterà qualche italiano che beve solo il the (io sono tra questi) o che mangia solo profitterol. O qualche francese che mangia la pizza, e qualche spagnolo a cui piace il formaggio. Quindi ciò che chiamiamo “cultura” non sono altro che “le abitudini della maggioranza”, una specie di grandezza statistica che prende in considerazione un gran numero di persone. Ma come in una scatola di gas ad una certa temperatura, nonostante esista un’energia cinetica media delle particelle, esistono molecole che viaggiano con velocità maggiore ed altre con velocità minore, così esistono italiani che, probabilmente, si discostano di molto dall’”italiano medio”. Sono forse quegli italiani, degli “italiani peggiori”?

Ma facciamo un passo avanti. Supponiamo che esistano una serie di valori e pensieri che possono essere riconducibili alla nostra penisola. Supponiamo che esista una “cultura italiana”. La prossima domanda è: la nostra cultura è MIGLIORE delle altre? Perché se festeggiamo l’”italianità” non vuol forse dire che ne siamo fieri? E se ne siamo fieri, vuol dire che è meglio della “cultura media” del mondo. Forse siamo intrinsecamente meglio di uno spagnolo, o di un francese, o di un tedesco, ma anche di un marocchino, un tunisino o un azerbaigiano? E non è forse questo tipo di concezione mentale che infine porta alle discriminazioni razziali ed alle guerre nazionali? Non è forse che unendoci come nazione ci stiamo separando dal resto del mondo?

Infine vorrei fare un’ultima considerazione, che credo sia la più importante di tutte. Francamente, sono stanco di tutte le etichette che la gente tende a mettersi addosso. Sono stanco dei meriti e delle medaglie che ci attacchiamo solo perché facciamo parte di un certo gruppo sociale, o di un certa regione, o di un certa nazione. Io non credo che il MERITO, così come la VERGOGNA, siano trasmissibili come le malattie. Ho forse guadagnato qualche punto per essere nato in Italia? Ho forse fatto qualcosa di buono di cui vantarmi o di cui vergognarmi? Non credo.

Se non è nemmeno garantito che un figlio abbia lo stesso talento del padre, come facciamo ad affermare che l'appartenere ad uno stesso popolo, semmai esista una tale tipo di separazione tra gli uomini, comporti qualsivoglia merito acquisito? Tutta questa storia del patriottismo italiano, come un po' tutti i patriottismi, mi sembra solo una sovrastruttura mentale che ci costruiamo per poterci mettere un gradino sopra gli altri.

A volte sento in televisione stimati intellettuali (stimati non in senso sarcastico, perché alcuni li stimo davvero) dire frasi del tipo: "Ah, noi abbiamo fatto questo, noi abbiamo fatto quello, noi siamo i creativi, noi siamo gli intraprendenti, noi siamo i marinai, noi siamo i poeti, noi, noi, noi..." Ma noi chi? Io personalmente non ho fatto nulla! Non ho combattuto con i mille. Non ho dipinto la monna lisa. Non ho scritto la divina commedia. Non ho costruito pompei. Non ho composto nessun’opera. Non c'ero al tempo dei romani, come al tempo del fascismo.

Quindi di cosa dovrei vantarmi? Oppure, di cosa dovrei vergognarmi?

Per questo, ho deciso di prendere provvedimenti in proposito. Ho preso una decisione che vorrebbe essere una provocazione, in realtà. Io rinuncio all'eredità italiana. Rinuncio al vantarmi di Garibaldi, o Michelangelo, o Leonardo, o Dante o chi per essi. Rinuncio a qualsiasi merito, ma anche a qualsiasi vergogna derivante dalla parte di storia d'italia su cui non ho avuto nessun modo di influire in alcun modo. Rinnego ogni glorificazione ed ogni vituperazione.

E' tanto straordinario chiedere di voler essere giudicato per ciò che si è fatto e non per dove si è nati o che lingua si parli? Credo che il proprio merito bisognerebbe guadagnarselo con i fatti.

Ciò nonostante ho deciso di aprire questo pezzo con un l’immagine di un tricolore. Questo perché non vorrei che si pensasse che non abbia principi, o che non apprezzi l'essere nato in Italia, o che preferirei essere nato altrove. Se ho messo la bandiera italiana è perché essa rappresenta dei principi, quelli della costituzione, che, nonostante siano legati a questo pezzo di terra, vorrebbero essere più universali possibile, e dato che condivido quei principi, e non vorrei che venissero persi, allora scelgo di appoggiarmi a questo simbolo, poiché i simboli servono a veicolare ideali. Ma per me questa bandiera va OLTRE i 301 336 km^2 su cui la gravità ci costringe a pestare i piedi, OLTRE i 150 anni di storia di eroi straordinari di cui, sebbene si possa apprezzare le gesta, non posso prendermi il merito, OLTRE le barriere culturali e mentali che ci creiamo. Per me questa bandiera non rappresenta un passato glorioso, ma un presente ed un futuro migliore.

Buona festa della Repubblica a tutti!

venerdì 11 marzo 2011

Qualche avviso per qualche corso

Scommetto che non ci sia un fisico che non vede l'ora di tornare in pista con il secondo semestre.
Ecco quindi qualche avviso per alcuni corsi della specialistica:

  • Fisica dei Sistemi Dinamici e Teoria dell'Informazione Quantistica I del prof. Casati: l'inizio dei corsi è spostato a mercoledì 23 marzo.
  • Radioattività (prof. Giuliani): prima lezione di coordinamento lunedì 14 marzo alle 10:00 in A.04
Buon secondo semestre!

danG

giovedì 10 marzo 2011

CCD del 4 Marzo 2011

COMUNICAZIONI:

- Non ci sono novità per la convenzione con l'università svedese. Per rendere possibile le lezioni in lingua inglese e per problemi di organizzazione sono previste delle piccole variazioni del regolamento della triennale e della magistrale.

- Ci sono state 223 iscrizione ai pretest per la facoltà di scienze, con anche persone provenienti da Milano. I test si svolgerano verso fine Marzo (il 15,21,22). Sul totale, 20 persone hanno dichiarato l'intenzione di iscriversi a fisica.

- Il prossimo anno il prof. Mosè Visconti ha deciso di non tenere il corso di Fisica dell’Ambiente. Possibile sostituto in arrivo.

- Un comitato comasco sta organizzando a Como un “festival della scienza” (previsto verso Marzo 2011), con tema “Como città della luce”. Sono inoltre in programma altri progetti di divulgazione. E' prevista un'iniziativa simile anche a Lecco.

-Labo 5 viene svolto regolarmente nel prossimo semestre (richieste dei ricercatori in parte accolte). Anche la prof.ssa Simona Galli ha dato la sua disponibilità nel riprendere la didattica.

lunedì 7 marzo 2011

Senato degli Studenti di Como - nuovo statuto UnInsubria

Ciao colleghi,
il 25 febbraio si è riunito, credo per la seconda volta da sempre, il Senato degli studenti di Como, ovvero un'organo che riunisce i rappresentanti degli studenti della sede comasca dell'Insubria.
C'è la possibilità che quest'organo nato dalla volontà dei rappresentanti sia previsto dal nuovo statuto dell'università, ma questo si vedrà quando ci sarà un nuovo statuto, che è attualmente il nocciolo della questione.

Infatti a ogni riforma, le università devono riscrive il proprio statuto adeguandolo alla nuova legge. A questo scopo è stata istituita una commissione di revisione statuaria composta da rappresentati di tutte le fasce: professori ordinari, associati, ricercatori universitari, personale tecnico-amministrativo e studenti (uno per Como e uno per Varese, scelti tra i rappresentati del Senato accademico e del CdA). Il rappresentate degli studenti per la sede di Como è Federico Gilardoni (giurisprudenza), rappresentante in Senato accademico, che giustamente vuole cercare di presentare proposte che siano massimamente condivise da tutti gli studenti di Como, quindi anche dalla Facoltà di Scienze.

C'è ancora qualche problema sulla composizione definitiva del senato degli studenti, in quanto per i corsi che non hanno rappresentanti nei loro consigli di coordinamento didattico (o in cui questi non possano farsi carico dell'impegno) i rappresentanti della Facoltà di afferenza di quei corsi possono procedere a nominare uno studente di quel corso membro del senato.

Nonostante il Senato sia composto dai rappresentanti, l'università rimane di TUTTI i suoi studenti, per cui chiunque può portare proposte per il rinnovo dello statuto, presentandole tramite i propri rappresentanti o di persona. Non possiamo che apprezzare la partecipazione. Per chi volesse presentare proposte forse è utile farsi un'idea con lo statuto attuale che trovate qui.

A breve vi comunicheremo la composizione effettiva del Senato degli studenti, 
nel frattempo, facciamoci i migliori auguri per un secondo semestre entusiasmante



Daniele Guffanti
CdF Scienze Como