domenica 28 febbraio 2010

Sempre sull'analisi dei dati

Ciao a tutti,
   so che siete trepidanti e che non vedete l'ora che pubblichi il resoconto del CCD di febbraio dopo questo mese di esami, ma su quell'argomento ho ancora bisogno di tempo per schiarirmi le idee, tanto l'organizzazione di un corso di laurea può essere tramutata in un'impresa titanica. Nel frattempo vi segnalo un articolo che spero troverete interessante.

   L'articolo in questione è stato pubblicato su Le Scienze di marzo con il titolo "Sesso, bellezza e statistica", e mostra come spesso da un'analisi superficiale dei dati si traggano conclusioni perentorie (e abbastanza fantasiose) senza che queste siano suffragate da prove statisticamente significative.

  In particolare gli autori del pezzo "prendono di mira" una serie di articoli pubblicati sul Journal of Theoretical Biology da Satoshi Kanazawa con titoli quali I genitori alti e robusti hanno più figli maschi, Gli uomini più violenti hanno più figli maschi, Gli ingegneri hanno più figli maschi, le infermiere più femmine e I genitori belli hanno più figlie femmine. Queste tesi sono poi state esposte anche in un articolo intitolato  Dieci verità politicamente scorrette sulla natura umana per la rivista Psychology Today, e in un libro scritto in collaborazione con Alan S. Miller pubblicato in Italia con il titolo  Perché agli uomini piacciono le curve e le donne adorano i diamanti. Nell'articolo si mostrano alcuni errori (direi abbastanza grossolani) commessi nell'analisi dei dati che hanno portato a queste tesi, e come questi risultati siano stati ingigantiti da diversi "passaparola" prima di finire sulla stampa "non accademica".

  Non ho intenzione di ricopiare l'articolo per filo e per segno, quindi mi limito a consigliarvelo caldamente. Da studente però sono stupito dal fatto che diverse riviste soggette a peer-review non si siano avvedute degli errori nella presentazione dei dati, visto che qualche sospetto avrebbe potuto essere facilmente destato dal fatto che le tesi degli articoli erano dalle 10 alle 100 volte più grandi di tutti gli effetti sul rapporto tra i sessi alla nascita mai riportati nella letteratura scientifica. Se a ciò aggiungiamo che l'autore di questi articoli è anche professore di metodologie della ricerca, la faccenda assume un che di surreale.

  Tutto questo per ribadire, come già si faceva da questo blog tempo fa, che i dati statistici vanno usati con cautela e soprattutto presentati in modo corretto; citando l'articolo di Le Scienze:
[...]Questo articolo affronta soprattutto l'interpretazione di risultati non significativi, e tratta brevemente le distorsioni dei risultati ambigui veicolate dai mezzi di informazione, Se si pensa alle precauzioni e ai tecnicismi con cui gli statistici e i ricercatori sociali più scrupolosi argomentano le loro conclusioni, non c'è da sorprendersi del fatto che i giornalisti siano influenzati da chi magnifica e sopravvaluta i propri risultati. Uno dei motivi per cui è importante affrontare questo argomento è proprio che certi errori sistematici, come la sopravvalutazione delle dimensioni di effetti che in realtà sono molto modesti, possono fuorviare gli scienziati e, con loro, il grande pubblico.

Un altro pezzo interessante su alcuni nefasti effetti delle statistiche mal condotte, e più in generale sulla pazza corsa all'affibbiare a qualsiasi cosa un valore numerico lo trovate qui.

Ciao a tutti, prossimamente il resoconto del CCD.

Daniele

sabato 6 febbraio 2010

un dibattito

Pausa merenda. Dovrei rispondere all'accorata richiesta di Michele, e lanciare una provocazione in merito al dibattito scienza/fede cui si riferirà l'esimia Margherita Hack questa sera da Fazio?
Sì, dai, potrei. Tanto il post sul Faust non lo legge nessuno…
(Però almeno leggete il libro, che è molto bello).
Al liceo una volta ci avevano proposto una traccia per un tema vertente proprio sul dissidio fra scienza e fede, fra ragione e religione. Erano i tempi del discorso del Papa a Ratisbona, quello famoso in cui sosteneva che la ragione può anche essere un'utile chiave d'accesso forse non alla fede, ma alle domande della religione; che fondamentalismo scientista e fondamentalismo religioso sono figli dello stesso errore di fondo. Il nostro professore di italiano aveva indetto una specie di fatwa contro "Il codice da Vinci": sì, erano anche i tempi dei complotti fra i corridoi del Vaticano, dei massoni e dei Templari, in cui ogni giorno a un lettore di Dan Brown che entusiasta tesseva gli elogi del romanzo, faceva eco un deciso difensore della fede, pronto a recriminare contro l'"attacco al cristianesimo" messo in atto dallo scrittore americano. Non mi ricordo bene perché, ma doveva averci preannunciato le tracce dei temi con qualche giorno d'anticipo: o forse avevamo discusso talmente tanto della controversia che già ci aspettavamo una simile traccia. Per un motivo o per l'altro, avevo preparato un po' di materiale (e al momento mi domando anche come mai non l'avesse proibito); e nello specifico, avevo trascritto qualche frase-spunto per iniziare il tema.

"…"Dimostrateci che Dio esiste", dite. Io vi rispondo: prendete i vostri telescopi, scrutate il cielo e poi ditemi come può Dio non esistere![…] Come fate a non vederlo? Sostenete che sarebbe bastato un minimo cambiamento della forza di gravità o del peso di un atomo per fare del nostro universo una nebulosa senza vita anziché uno splendido oceano di corpi celesti, e non riuscite a vedere la mano di Dio in tutto questo? Vi sembra più facile credere che abbiamo pescato la carta giusta da un mazzo composto da miliardi di carte?
[…] La fede, tutte le fedi, servono a ricordarci che c'è un'entità in conoscibile a cui siamo tenuti a rispondere…Solo attraverso la fede possiamo rendere conto delle nostre azioni al prossimo, a noi stessi e a Dio. la religione è imperfetta, ma solo perché è imperfetto l'uomo."…"

(Io immaginavo con divertimento il prof. pensare "mm, bella frase, chissà da dove l'ha tratta", e poi leggere in calce al foglio: Citazioni tratte da "Angeli e demoni", Dan Brown…)

Il topos delle carte ha un precedente illustre. Il signor Einstein non amava l'interpretazione della natura consentita dalla meccanica quantistica: "Dio non gioca a dadi!", si dice abbia bofonchiato più d'una volta. Certo, non aveva citato Dio e i dadi per sostenere una sua personale posizione di credente: ma è pur vero che allontanandosi dalla causalità, qualche domanda sovviene.
Anche ai migliori, anche in altri campi. Stephen Hawking: "Ma quand'anche ci fosse una sola teoria unificata, essa sarebbe solo un insieme di regole e di equazioni. L'approccio consueto della scienza, consistente nel costruire un modello matematico, non può rispondere alle domande del perché dovrebbe esserci un universo reale descrivibile da quel modello. Perché l'universo si dà la pena di esistere?"
La domanda della fede è una domanda di senso, quella della scienza una domanda di causa. Sono inconciliabili?
Lucio Rossi, fisico italiano al CERN: "Nella scienza nulla accade per caso, perciò per fare scienza bisogna necessariamente credere che la realtà sia unica e razionale. Ci vuole molta più credulità o senso di contraddizione a pensare che tutto sia frutto del caso, piuttosto che di una razionalità suprema."

Poi, ogni tot, a favore della posizione della scienza in contrapposizione a quella della fede, viene tirato in ballo l'argomento evoluzionismo, a prescindere dal fatto che anche la Chiesa accetta per vera questa teoria. John Polkinghorne, fisico successivamente fattosi monaco, in "Scienza e provvidenza":
"Non esiste un 'momento migliore' in una grande composizione musicale, un momento sul quale il nostro orecchio dovrebbe cercare di fermarsi per sempre; la bellezza dell'opera sta nello svolgersi, sta in tutto il suo movimento. La perfezione di Dio non è il mantenimento statico del più alto vertice metafisico, ma nell'amore totale esplicato nella sua azione immancabile. E' la perfezione che appartiene alla vita, non all'assenza di vita. Tutto questo, forse, è più facile da capire oggi, sapendo che l'atto della creazione non è consistito nella produzione di un mondo bell'e fatto, ma nel consentire l'evoluzione cosmica, dal big bang al nostro tempo."

Ci sono molti esempi di scienziati convertitisi in seguito alla vita religiosa. Da scienziati, non possiamo credere che ci sia una correlazione fra studiare la scienza ed entrare in convento solo basandoci su un numero di casi "rilevante" per un giornalista, ma assolutamente ininfluente per un matematico!
Però sarebbe interessante chiedersi il perché. Perché?
Uno studia per anni la mente del cosmo, entra nel cervello di Quello che molti chiamano Dio, scopre quali equazioni ha dettato per far partire il mondo, viaggia in lungo e in largo l'universo fino a odorarne le particelle più piccole, e poi cambiando ancora navicella, scendendo ancora di qualche ordine di grandezza, per vedersi sgretolare quelle stesse particelle e diventare onde, ampiezze, probabilità: per vederle giocare a nascondino, riapparire in un'altra veste, e poi scomparire di nuovo per l'effetto di un occhio indiscreto. Impara che per ogni fenomeno esiste una descrizione matematica, sempre perfettibile (imperfetta perché imperfetto è l'uomo, proprio come si diceva della religione!), ma completa ed esauriente. E allora? Perché dovrebbe sentire l'assenza di Dio?
Serve al mondo per esistere?


Forse la domanda è diversa. Forse la
vita è diversa. Il mondo è fatto di cose intelligibili, sì: ma anche di "cose", di cui la matematica non si dà la pena di occuparsi, senza le quali non sarebbe "vita". E dietro ognuna di queste "cose" c'è spesso una domanda più profonda, una domanda di senso: una domanda che fa scendere molto più in profondo nel cuore delle cose, nella verità del mondo (e lo metto senza virgolette, può essere una provocazione, per molti), rispetto a quanto permettano gli occhiali della matematica.
Si capisce molto di più con quelle domande che con le sentenze della scienza.
E si badi: non ho mica detto "risposte". No, ho detto proprio "domande".
Perché l'unica condizione per poter capire, è accettare di non potervi rispondere.
Questa è la fede.

mercoledì 3 febbraio 2010

Faust a Copenaghen

Quello della fisica nella prima metà del Novecento è ancora un mondo piccolo, reame di pionieri, gente comune con un che di geniale; il suo centro, la sua piazza principale e il suo maniero si trovano in Blegdamsvej, la buia strada di Copenaghen su cui s'affaccia l'Istituto di Fisica Teorica fondato da poco da Niels Bohr. Tra le stanze e gli scaloni di quel palazzo s'intrecciano più volte le strade dei più grandi nomi della fisica dello scorso secolo: racconti sufficienti a riempire un libro.
Ed è quello che fa Gino Segrè, nipote di Emilio, che raccoglie in "Faust a Copenaghen" le storie dei personaggi che stanno dietro alla fisica moderna, ripercorrendo le tappe della rivoluzione quantistica attraverso gli occhi dei suoi protagonisti, rivelando la vita dell'uomo assieme alla biografia dello scienziato, la storia personale legata all'evoluzione della fisica: aneddoti, vite, passioni di uomini normali e insieme geniali, mescolate dal destino a comporre un mosaico comune, un capolavoro di pazienza, fantasia e intuito che non finisce entro i confini di un manuale di fisica, ma riecheggia nelle stanze dell'Istituto danese, a incitare le generazioni future.
Leggendo, si passeggia nei giardini al fianco del "maestro" Bohr, campione d'umanità e generosità, famoso come fisico e sconosciuto come uomo dal cuore grande, quando portò in salvo ebrei danesi chiedendo al re di Svezia in persona asilo. Ci si siede sul letto della camera di Copenaghen, fra il giovane e promettente Werner Heisenberg e il famoso professore, sapendo che in quella stessa camera sarebbero transitati poi Max Delbrück, George Gamow, e molti altri. Si sente l'odore del laboratorio di Lise Meitner, che ebbe il coraggio di far diventare la fisica cosa da donne in uno stanzino fuori dall'università, perché le donne non vi potevano entrare.
Heisenberg, Bohr, Ehrenfest, Pauli, Dirac, Meitner e Delbrück: tutti scienziati, alcuni premi Nobel, altri consegnati a un destino di scarsa fama ma enorme gratitudine per l'impulso dato all'evoluzione della scienza. Ma lontano da Stoccolma com'erano? …"Non c'è un'unica risposta su chi fossero, poiché i fisici sono diversi l'uno dall'altro come i membri di qualsiasi gruppo: ci sono i socievoli e gli introversi, i donnaioli e i fedeli, i girovaghi e gli stanziali. Alcuni erano astemi, altri bevevano troppo. Forse c'era un numero sproporzionato di amanti della musica e di scalatori, ma forse solo perché era stato detto loro che queste passioni erano tipiche dell'ambiente dei fisici."
Nel 1932, l'anno del miracolo per la fisica teorica e centesimo anniversario della morte di Goethe, il tradizionale spettacolo allestito dai partecipanti alla "settimana di discussione" voluta ogni anno da Bohr a Copenaghen, viene dedicato al poeta di Weimar, e in particolare alla sua opera più nota: il Faust. Nella parodia Faust è sostituito dal personaggio Ehrenfest, Mefistofele dallo scorbutico Wolfgang Pauli, che nelle missive si firma "Flagello di Dio". Il Signore non può essere che il personaggio più amato da tutta la comunità scientifica: Niels Bohr; il Re, Einstein. Corredata dagli schizzi di George Gamow, la versione del "Faust di Blegdamsvej" rimase nella memoria dell'Istituto danese come la migliore parodia messa in scena.
Ma la storia annoda i suoi fili a formare disegni incomprensibili e straordinari, o alcune volte inquietanti. Colui che per scherzo aveva sostituito Faust, Ehrenfest, tormentato dalla depressione, dalla convinzione di non essere mai adeguato, si suicidò l'anno successivo. E poco tempo dopo le scelte di quelle giovani menti fino ad allora spensierate si trovarono di fronte al bivio di un altro patto faustiano: il progresso della scienza, all'alba di una nuova guerra mondiale, stava per essere messo al servizio della politica. L'atmosfera non era più quella dei giorni sinceri di Copenaghen; i fisici che sconvolsero il mondo furono ben presto costretti a una diaspora mai riassorbita, e il castello della fisica, in un tempo non remoto saldamente radicato nel centro dell'Europa, finì sommerso dalla polvere come un cimelio dal passato. Mentre in America, in Unione Sovietica e in Germania la fisica firmava il proprio patto col diavolo, Copenaghen rimaneva immobile nel suo immutato sorriso innocente, destinata ad essere citata nei manuali solo per aver dato i natali ad un'"interpretazione". Sorniona, custodisce nel segreto il ricordo incredibile di persone uniche; e, come intervistata, svela nelle pagine di questo libro i particolari di una storia straordinaria, ricordando che ognuna di quelle menti eccellenti non è solo un cognome in calce a quella teoria chiamata Meccanica quantistica: ma anche, e soprattutto, un nome.

"Faust a Copenaghen"
Gino Segrè
ed. il Saggiatore
279 pp.

Yo dawg!

Oggi stavo navigando su YouTube quando mi sono imbattuto in una serie divertente chiamata "Know Your Meme" in cui analizzano gli Interner Phenomena. Uno di questi non lo conoscevo, ma mi ha fatto riderissimo. Conoscente il programma di MTV "Pimp my ride", in cui alla fine Xzibit dice : "Yo Dawg! Abbiamo saputo che ti piace cucinare, ed abbiamo messo un forno nel cruscotto, così puoi cucinare mentre guidi." oppure "Yo Dawg! Dato che ti piace cantare, abbiamo messo uno studio di registrazione sotto il sedile, così puoi cantare mentre guidi". Ho scoperto che esistono un sacco di parodie, ma quella che mi ha fatto più ridere è questa:

http://www.hipsterwave.com/wp-content/uploads/2009/03/yo-dawg-derive-while-you-derive-700.jpg


NOTA: E' consigliabile GUARDARE PRIMA il video di spiegazione!
(http://www.youtube.com/watch?v=H1wZbIdlSTI&feature=PlayList&p=F2knfYDGX_4&index=4)


PS: Sto ancora ridendo.